L’ecologia da copertina e l’imbarazzo dell’Occidente
- Simone Marchetti
- 21 mar 2023
- Tempo di lettura: 4 min
Aggiornamento: 6 giorni fa
Tempo fa, scrollando distrattamente tra le storie su Instagram, mi sono imbattuto in un post virale di una pagina italiana piuttosto seguita (che eviterò di nominare). L’intento era chiaro: sensibilizzare sul disastro climatico, con un’estetica accattivante ispirata al riepilogo annuale di Spotify. Il trend del momento, trasformato in contenuto “eco-friendly”.
Fin qui, nulla di nuovo. Il marketing cavalca ogni onda, e anche l’ambientalismo può diventare una buona occasione per fare engagement. I commenti? Divisi tra chi lodava l’idea e chi si emozionava per il messaggio. Ma in mezzo, qua e là, spuntava qualche voce critica, accusando l’iniziativa di essere la solita operazione di attivismo da divano. Quei pochi venivano subito messi a tacere, spesso da ragazzi e ragazze neanche ventenni, pronti a difendere la sacra causa dell’ambiente con l’entusiasmo tipico di chi ha appena scoperto la parola “sostenibilità”.
Tanto chiaro, è giusto dirlo: l’impatto dell’uomo sul pianeta è evidente. Nessuno lo nega. Ma il modo in cui questo discorso viene affrontato in Occidente è, a dir poco, grottesco.
Ecoansia & copywriting emozionale
Nel post si parlava anche di ecoansia – una condizione, pare, ormai ufficiale. L’ansia derivata dalla paura del collasso climatico. E lì, tutto un corredo comunicativo già noto: “Hai fatto abbastanza per il pianeta?”, “È anche colpa tua”, “Ecco cosa puoi fare per salvare la Terra”. Liste, checklist, sensi di colpa confezionati per essere condivisi. Il solito format: colpisci l’inconscio, manipola l’emotività, vendi una versione etica di te stesso.
Solo che sotto il glitter e le buone intenzioni, c’è il solito teatrino: un business come un altro, solo con un packaging più moralista.
Le contraddizioni che fanno rumore (ma solo se vuoi ascoltarle)
Intanto, cosa si chiede al singolo?
Andare in bici a -2 gradi per non usare l’auto.
Scartare e lavare la plastica della pancetta per rispettare il corretto riciclo.
Mangiare solo vegetali locali e stagionali (ammesso che uno sappia dove trovarli e cosa siano). E guai a sgarrare, perché altrimenti sei complice.
Ma mentre tu ti fai scrupoli sul detersivo biologico e ti vergogni per aver mangiato carne rossa, c’è un altro mondo che viaggia in jet privati per presenziare a summit ambientalisti. Palazzi interi restano accesi tutta la notte, anche se vuoti. Le grandi aziende energetiche fanno profitti record speculando sul gas, mentre ti dicono che devi imparare a “scaldarti con una coperta”. Il Mondiale di calcio in Qatar ha consumato il 71% in più di quello precedente, ma le stesse pagine ambientaliste che ti dicono come differenziare le lattine non hanno avuto problemi a coprire l’evento per generare contenuti trendy.
La verità è che la colpa, nel nostro sistema, è sempre in outsourcing. L’importante è che tu ti senta in colpa. Che tu faccia qualcosa. Che tu ti adegui. Perché, altrimenti, sei tu il problema. Tu che consumi. Tu che inquini. Tu che mangi carne. Mica loro.
Davvero pensiamo che sia questo il problema?
Parliamoci chiaro: l’azione individuale ha valore. Ma il vero cambiamento non può nascere da campagne moralistiche indirizzate al singolo, mentre il sistema nel suo complesso resta immune da critiche serie.
È più facile convincere milioni di persone a fare la raccolta differenziata in modo maniacale o pretendere che chi detiene potere e ricchezza cambi realmente abitudini?
Ma guai a parlarne. Se lo fai, sei “complottista”, “cinico”, o peggio ancora, “negazionista climatico”.
Eppure, se fossimo davvero onesti, parleremmo delle vere distorsioni:
Della Cina e degli altri paesi che continuano indisturbati a inquinare fuori scala.
Delle rotte commerciali che spediscono pomodori da un continente all’altro.
Del paradosso dei paesi che predicano il green e poi non investono seriamente in reali fonti di energia rinnovabili.
Del teatro grottesco della crisi energetica europea, che ha visto gli USA vendere gas a prezzi esorbitanti, sfruttando a proprio favore la situazione in Ucraina.
Memoria corta e morale selettiva
Sempre in tema di incoerenze, gli stessi media che oggi elogiano le proteste cinesi contro nuove restrizioni anti Covid, fino a poco fa sostenevano misure folli in Occidente. Ricordo ancora con incredulità i 400€ di multa a chi mangiava un trancio di pizza per strada alle 18:30. Le volanti, le mascherine imposte a forza nei parchi in piena estate. E ora? Tutti difensori della libertà.
La coerenza, evidentemente, è diventata un optional. Così come la memoria.
Conclusione? Basta con la farsa
Non è sbagliato impegnarsi. È sbagliato accettare la colpevolizzazione unilaterale. È sbagliato credere che l’ecologia si riduca a uno sticker sulla borraccia o a un post condiviso con le emoji delle foglioline.
Io continuerò a vivere nel modo più lucido possibile. Sì, prenderò l’auto. Farò il pieno. Mangerò carne. Non perché me ne freghi dell’ambiente, ma perché rifiuto di farmi manipolare da un racconto ipocrita e selettivo. Se il cambiamento deve avvenire, avvenga con onestà. Non con teatrini social e strategie pubblicitarie che servono solo a vendere un'immagine.
Parliamo dei veri problemi. Non delle soluzioni facili per chi ha paura di sporcarsi le mani. Il resto, sinceramente, mi ha stancato. E anche parecchio.