Joe Rogan e la battaglia contro l'intolleranza degli estremismi
- Simone Marchetti
- 1 giu 2022
- Tempo di lettura: 3 min
Joe Rogan, noto commentatore di MMA e creatore di uno dei podcast più seguiti al mondo, è finito recentemente nel mirino dei media mainstream e della cancel culture americana. La ragione di questa ostilità? Un mix di motivi, tra cui l'aver ospitato medici con posizioni controcorrente riguardanti la gestione della pandemia, ma soprattutto alcune vecchie dichiarazioni in cui ha usato la parola "nigger", un termine considerato offensivo quando usato da bianchi, ma che viene talvolta utilizzato all’interno della comunità nera stessa, specialmente in contesti informali. Un errore che risale a episodi passati, ma che è stato ripescato e montato in un video da pochi secondi, assemblato con frammenti di vari momenti nel tempo, per creare il “prodotto finale” da esporre sulla pubblica piazza.
Il messaggio era chiaro e forte: Joe Rogan è un razzista. Un’accusa lanciata senza alcun rispetto per il contesto, solo con l’intento di distruggere la sua reputazione, tramite un’operazione di fango ormai ben conosciuta.
Non voglio minimizzare l'errore di Rogan, perché in un paese come gli Stati Uniti, dove il tema del razzismo è particolarmente sensibile, una parola fuori posto può davvero scatenare un inferno. Rogan si è scusato pubblicamente, ma la reazione del pubblico è stata sorprendente. La maggior parte delle persone, infatti, non ha preso sul serio le accuse. La gente, seppur lentamente, sta iniziando a vedere oltre la superficie e riconosce il cinismo dietro certe manovre.
A supporto di Rogan, c’è stato un episodio significativo che mi ha fatto riflettere: durante una conferenza, Israel Adesanya, campione della UFC, è stato interpellato riguardo alla vicenda. Invece di far rispondere Dana White, presidente della UFC, Adesanya ha preso la parola e ha parlato chiaramente. Il suo discorso è stato un vero e proprio atto di solidarietà verso Rogan, sottolineando il suo carattere genuino e la sua umanità. Tradotto in breve, Adesanya ha detto: "Io sono nero, posso dire la mia. Ho lavorato con Joe dal 2008, e posso dirvi che è uno dei tipi più onesti, simpatici e umili con cui abbia mai avuto a che fare. Non fatevi ingannare da quello che vogliono farvi credere. Joe ha una delle piattaforme più potenti del momento, e continuerà a fare ciò che sa fare meglio. E noi lo sosteniamo."
Questo gesto di Adesanya è molto più significativo di quanto sembri inizialmente. Si tratta di un'importante presa di posizione contro l’intolleranza e gli estremismi. Le accuse di razzismo, come quelle fatte a Rogan, non possono essere risolte se non partono prima di tutto dai diretti interessati. La lotta contro il razzismo, ad esempio, non può fare passi avanti se non sono gli stessi membri della comunità nera a ribellarsi contro certe manipolazioni. Così come, nel caso del femminismo estremo, il cambiamento non avverrà mai finché non saranno le stesse donne a correggere le tendenze radicali all'interno del loro movimento.
In ogni ambito sociale, per affrontare veramente un problema, bisogna guardare prima dentro se stessi. Se vogliamo eliminare stereotipi, pregiudizi e accuse infondate, è fondamentale che siano proprio le persone che ne sono coinvolte a prendere posizione e ad argomentare in modo razionale e costruttivo.
Nel caso di Rogan, spero sinceramente che la sua voce non venga mai silenziata. Il suo podcast rappresenta un punto di vista alternativo e variegato, una boccata d’aria fresca in un mondo dominato da opinioni monolitiche. Nonostante non sia per tutti, è fondamentale che piattaforme come la sua continuino a esistere, a sfidare certe narrative e ad offrire uno spazio per una discussione libera e sincera.